
Il coraggio di dire “non so”: il valore trasformativo dell’incertezza
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Nel mio lavoro incontro spesso persone che vivono con disagio il dubbio. Professionisti che si sentono inadeguati se non hanno una risposta pronta. Genitori in crisi perché non sanno come reagire a una sfida educativa. Giovani adulti paralizzati davanti alle scelte, come se non poter prevedere tutto fosse già un fallimento.
Eppure, dire “non so” può essere un punto di partenza prezioso. Un gesto di onestà verso di sé, di apertura verso gli altri, e perfino un atto di forza.
Viviamo in una cultura della certezza
La nostra società tende a premiare la sicurezza, le risposte chiare, la capacità di decidere rapidamente. Fin da piccoli, siamo spesso valorizzati per ciò che “sappiamo”, mentre il non sapere viene vissuto come segnale di debolezza o impreparazione. Ma la vita reale è molto più sfumata. Nessuno ha risposte certe su tutto. E imparare a restare nel dubbio, senza doverlo subito risolvere, può diventare una risorsa fondamentale.
L’Analisi Transazionale e il permesso di “non sapere”
In Analisi Transazionale si parla di permessi: messaggi interiori che ci autorizzano a comportarci in modo più libero. Uno di questi è proprio: “puoi non sapere” (non essere perfetto). È il permesso a esplorare, a rallentare, a tollerare l’ambiguità senza sentirti sbagliato. Dare spazio al dubbio, all’incertezza, non vuol dire rinunciare alla responsabilità, ma riconoscere che la complessità richiede tempo e presenza. In molti casi, è proprio la rigidità della parte di noi “adattata”, quella che deve andare bene agli altri, che pretende certezze immediate, mentre la parte Adulta può sostare nel dubbio e scegliere con più lucidità.
Mindfulness e psicologia positiva: restare presenti
Anche la mindfulness ci invita a fare amicizia con il non sapere. Coltivare l'accettazione e la presenza mentale ci permette di osservare l’esperienza per com’è, senza giudizio, senza cercare risposte immediate. Non sapere è uno spazio aperto, fertile, in cui può nascere qualcosa di nuovo. Allo stesso modo, la psicologia positiva ci ricorda che la curiosità è una delle forze del carattere più legate al benessere: non è l’opposto del sapere, ma un modo sano di starci dentro.
Dire “non so” al lavoro, in terapia, nella vita
Ammettere di non sapere non significa essere impreparati o incompetenti. Significa essere autentici, capaci di ascoltare, pronti ad apprendere. Un leader che dice “non so” si rende più umano (ed aiuta il suo team a responsabilizzarsi). Un terapeuta che accoglie il dubbio aiuta il paziente a scoprire risorse nuove. Un genitore che ammette di non avere sempre risposte offre al figlio un modello reale, solido, che non ha bisogno della perfezione per essere valido.
Insomma, è normale non sapere e pertanto è sano accettarlo. Fa bene a noi e fa bene a chi ci sta attorno.
“Non sapere è scomodo, ma è il primo passo per una conoscenza autentica.”
Mi chiamo Alessio Innocenti, sono uno psicologo e lavoro ogni giorno con persone che cercano di affrontare il cambiamento, spesso partendo proprio dal dubbio. Se anche tu stai attraversando un momento di incertezza e vorresti affrontarlo con maggiore consapevolezza, scrivimi o contattami direttamente: sarò felice di ascoltarti.