Giovani tra isolamento sociale, ricerca di aiuto e speranza: il ruolo dell' aiuto psicologico.
Negli angoli più oscuri del tessuto sociale giapponese, si nasconde una realtà complessa e spesso misconosciuta: gli Hikikomori. Questo termine, che deriva dall’unione delle parole giapponesi “hiki” (isolamento) e “komoru” (ritirarsi), indica persone che scelgono di ritirarsi completamente dalla vita sociale, rinchiudendosi nelle proprie stanze per lunghi periodi, talvolta anche per anni.
Questo fenomeno ha radici culturali profonde nel tessuto sociale nipponico, ed è proprio nel Paese del Sol Levante che ha cominciato a manifestarsi ed a raggiungere numeri di persone coinvolte davvero impressionanti.
Non è tuttavia un’esclusiva del Giappone. Anche in altre parti del mondo, individui possono manifestare comportamenti simili, caratterizzati da un isolamento, soprattutto fisico, estremo e dalla difficoltà di interagire con gli altri di persona. Lentamente, anche negli altri Paesi industrializzati e con un livello socioeconomico elevato, tra i quali l’Italia, il fenomeno comincia ad attirare l’attenzione, tanto da diventare oggetto di studio e dibattito tra psicologi, sociologi e operatori sanitari.
Origini e caratteristiche degli Hikikomori
Per comprendere appieno il fenomeno degli Hikikomori, è necessario analizzarne le origini e le caratteristiche distintive. Sebbene non esista una definizione universalmente accettata, il fenomeno Hikikomori è descritto come una pulsione all’isolamento fisico, continuativa nel tempo, che si innesca come reazione alle eccessive pressioni di realizzazione sociale, tipiche delle società capitalistiche economicamente sviluppate (Crepaldi, 2019).
Si tratta pertanto di individui, spesso giovani adulti, che si chiudono in casa, interrompendo qualsiasi forma di contatto sociale fisico con il mondo esterno.
Le ragioni dietro questo comportamento possono essere molteplici e complesse. Alcuni esperti indicano fattori culturali, come le pressioni sociali e le aspettative elevate nei confronti della performance e del successo individuale, la paura del giudizio sociale. Altri sottolineano come la reazione dell’isolamento sia favorita da specifiche disposizioni temperamentali, da dinamiche genitori-figli non funzionali, infine da talune condizioni psicologiche come ad esempio la depressione.
Le nuove tecnologie, videogame, web e i social media non sembrano avere un ruolo scatenante nella decisione di isolarsi; anzi, in questa condizione possono costituire un “ponte” tra l’Hikikomori e gli altri, aiutando a mantenere un minimo collegamento, sebbene virtuale. È importante considerare che l’Hikikomori è cosa differente dalla “dipendenza da internet”.
Quali e quante persone coinvolge?
Gli studi ufficiali sul fenomeno sono in larga parte condotti all’estero, soprattutto giapponesi. Questi studi mostrano che, sebbene qualunque genere e fascia di età possano essere coinvolti, di preferenza questo avviene soprattutto per i maschi (percentuali superiori al 60%). Questo sembra rispondere alla maggior pressione per la realizzazione sociale degli uomini; tuttavia, è anche vero che soprattutto nei contesti più tradizionalisti, una donna che viva una vita ritirata fino all’isolamento, può essere considerata “riservata” e non affetta da un problema. In Giappone, l’età di insorgenza del problema si colloca tra i 15 e i 29 anni nel 73.5% dei casi individuati (Tajan, 2017), mentre in Italia i casi emersi e raccolti con un sondaggio dall’associazione Hikikomori Italia, sembrano porsi di preferenza nei primi anni di scuola superiore. In Giappone, dove il fenomeno è particolarmente diffuso e “sentito”, un censimento del governo risalente al 2016 fissa il numero di Hikikomori in 541.000 persone, con ulteriori 1.651.000 che presentano sintomatologie e comportamenti tutto sommato affini. Considerando una popolazione complessiva di circa 126 milioni, significa che l’1,6% della popolazione complessiva vive questo problema direttamente e che molti di più ne sono coinvolti in quanto familiari o conviventi. In Italia è lecito aspettarsi percentuali e numeri più bassi, tuttavia i dati raccolti dalle diverse associazioni che si occupano del fenomeno sono rilevanti e purtroppo in aumento.
Il ruolo dello psicologo nel trattamento degli Hikikomori
Di fronte a una realtà così complessa e difficile, il ruolo dello psicologo diventa fondamentale. L’esperienza italiana e internazionale dimostra che raramente un Hikikomori torna alla vita normale autonomamente. Il recupero della socialità è un processo lento e che richiede molta pazienza poiché uno degli elementi chiave nella gestione degli Hikikomori è la costruzione di una relazione di fiducia e comprensione reciproca tra il paziente e il terapeuta, costruzione molto complicata, poiché gli Hikikomori manifestano una profonda diffidenza e resistenza nei confronti del contatto umano.
Conclusioni
Gli Hikikomori rappresentano una sfida complessa per la società e per gli operatori sanitari, ma anche una testimonianza della profondità e della complessità delle esperienze umane.
Attraverso un approccio terapeutico empatico, basato sull’ascolto attivo e sulla comprensione profonda delle dinamiche psicologiche, è possibile offrire un percorso di guarigione e di reinserimento sociale: anche gli Hikikomori possono intraprendere un cammino di guarigione e crescita personale.
È importante sensibilizzare l’opinione pubblica su questo fenomeno, promuovendo la consapevolezza e il sostegno per coloro che si trovano ad affrontare situazioni di isolamento sociale estremo.
Fonti e link utili:
In questo senso, segnalo l’associazione Hikikomori Italia, il cui fondatore Marco Crepaldi è autore di un libro edito da Alpes nel 2019 dal titolo “Hikikomori – I giovani che non escono di casa“, utile per farsi un’idea del fenomeno e dal quale ho tratto la maggior parte delle informazioni per la stesura di questo articolo. Qui il link per vederlo ed eventualmente acquistarlo: https://amzn.eu/d/5w43gxf
Le ricerche giapponesi citate sono tratte da: Tajan N. et al. (2017), Hikikomori: the Japanese Cabinet Office’s 2016 survey of acute social withdrawal. The Asia Pacific Journal, 15(5).
Associazione Hikikomori Italia, dove trovare ulteriori informazioni, eventuale assistenza ed altre persone che convivono con questo fenomeno: https://www.hikikomoriitalia.it/
Mi chiamo Alessio Innocenti e sono uno psicologo che riceve a Lucca ed offro anche sessioni online per clienti di tutta Italia. Se desideri maggiori informazioni o hai domande sugli Hikikomori, contattami tramite email a: info@alessioinnocentipsicologo.it o con un messaggio su WhatsApp. Sarò felice di risponderti!